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“IL RUOLO DELLA DONNA IMMIGRATA IN ROMA CAPITALE”
Tetyana Kuzyk
Cosa si aspettano le donne immigrate dall’istituzione di Roma Capitale?
A questa domanda se ne aggiungono molte altre.
La nostra società, che ormai si avvale delle risorse, del patrimonio umano, lavorativo, economico, demografico degli immigrati e di cui non può farne a meno, ha lasciato molto alla buona volontà di tutti, ma non si è costruito un piano organico “dedicato” per favorire una vita meno complicata agli stranieri che vivono in questa città. Eppure noi abbiamo facilitato tanto questa società.
Come tutti sanno l’Italia negli ultimi 40 anni ha avuto un grande cambiamento è passata da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione. In questo processo Roma è stata ed è un polo di attrazione molto forte per gli immigrati; oggi vi risiedono circa 400.000 immigrati, con provenienze e comunità assai diverse, con diversi livelli di inserimento ed integrazione nella vita sociale, economica e culturale della città.
Ma l’aspetto che caratterizza l’immigrazione romana è che il numero delle donne immigrate supera quello degli immigrati uomini, anzi le donne sono state per alcune comunità le pioniere delle catene migratorie sia nella prima immigrazione (comunità capoverdiana) che nella seconda (comunità ucraina di cui le donne sono oltre l’80%).
Con l’istituzione di Roma Capitale alla luce del cambiamento politico, istituzionale, organizzativo e territoriale dell’intero assetto della città, che scaturirà dal nuovo ordinamento è necessario comprendere, nella definizione del nuovo “sistema Roma Capitale”, la specificità dell’immigrazione di genere ed individuare gli strumenti di partecipazione e confronto con le istituzioni politiche e sociali. Si tratta di un momento storico, molto importante per Roma perché ha l’opportunità di auto-trasformarsi, di indossare un abito più moderno, proiettato verso il futuro, in grado di saper leggere le realtà dinamiche e innovative che sono nel suo tessuto sociale, di saper interpretare il vissuto internazionale che apporta l’immigrazione nel campo culturale, artistico, sociale ed economico che viene espresso nel vivere quotidiano. Le donne immigrate che vivono nella nostra città, provengono da diverse parti del mondo e sono portatrici di differenti visioni del mondo, di sensibilità e di condizione. Sono donne lavoratrici, mamme, mogli e mamme e mogli a distanza che fortemente credono in una pacifica e civile convivenza.
Impegnate in diversi ambiti: politica, dialogo interculturale, mediazione interculturale, imprenditoria, arte, cultura e tradizione, danno il loro contributo alla società e molte di esse hanno la responsabilità di accudire famiglie con bambini, anziani e disabili come colf e badanti. Il loro impegno non è dato solo dalla loro azione positiva sociale e di porsi come agenti di mediazione e di integrazione, ma di essere delle osservatrici attente ai cambiamenti della società e ai nuovi bisogni sociali. Pertanto con le nuove regole che determinerà l’istituzione di Roma Capitale ciò che ci auguriamo è l’innovazione sostanziale di molti servizi, nonché dei tempi ed orari della città più a misura dei cittadini e facilitanti il benessere collettivo.
Il volto di Roma Capitale che noi donne immigrate immaginiamo nella riorganizzazione della struttura globale della città e per cui siamo disposte a contribuire per la sua realizzazione è quello di:
- una città inclusiva, attrezzata di una rete di servizi rivolta a tutti i cittadini romani ma che in particolare risponda e sia adeguata alle esigenze delle donne immigrate lavoratrici, soprattutto per ciò che concerne i propri figli e la formazione professionale.
A tal proposito espongo alcune idee che si possono realizzare senza enormi impegni finanziari.
- La creazione di “Baby Parking” (vista la carenza degli asili nido) e di “Centri didattici transculturali” (le Scuole di Sabato): si tratta di spazi organizzati ed attrezzati per offrire opportunità ludiche, didattiche e di socializzazione ai bambini italiani e stranieri, assicurando nel contempo soluzioni diversificate alle famiglie.
- La creazione di una rete territoriale di Scuole Estive Interculturali che funzionino immediatamente dopo la fine dell’anno scolastico e negli stessi orari della scuola.
- L’utilizzo delle strutture scolastiche e di altre strutture comunali e non nel fine settimana e in orari compatibili con le attività didattiche per fruirne come “luoghi di aggregazione polifunzionali” ove attivare e/o sviluppare servizi e laboratori: sportelli informativi e di consulenza, gruppi di “self help” e di “peer counselling” per le seconde generazioni; strutture accessibili alle associazioni e spazio di riunificazione delle famiglie che per lavoro vivono in abitazioni diverse.
- Sempre pensando a strutture esistenti, per migliorare la comunicazione e l’informazione nella cittadinanza circa l’immigrazione si potrebbero istituire le “Case dei Continenti” e/o i “Poli di Informazione”. La comunicazione è un veicolo fondamentale nei processi di integrazione sociale; essa favorisce le possibilità ed opportunità di fruizione dei servizi, dei corretti iter burocratici e di conoscerne la tempistica, stabilendo così una relazione più efficace tra migranti e istituzioni.
Permette, inoltre, un percorso di conoscenza e consapevolezza dei propri diritti e doveri come è il caso di molte donne che potrebbero denunciare gli abusi, le violenze e le vessazioni che subiscono in ambiente di lavoro (vedi la condizione di molte colf e badanti) e che invece vivono in perfetta solitudine. L’informazione permette di conoscere le regole sociali su cui si basa la società di accoglienza ed infine, evita il dispendio di tempo, che ha una ricaduta diretta non solo nei rapporti di lavoro, ma sulla tranquillità degli immigrati e dei loro datori di lavoro.
Molte solitudini e problemi di varia natura potrebbero essere risolti se le donne conoscessero le modalità per accedere ai servizi e se fossero informate sulle tante iniziative e progetti che periodicamente vengono promosse dalle diverse realtà pubbliche e private.
- Per conoscere, monitorare i cambiamenti che avvengono all’interno del mondo femminile dell’immigrazione, è necessario comunque un “Osservatorio” sulle condizioni emergenti. Un esempio è quello delle tante colf e badanti che dopo aver svolto una professione di aiuto, da anziane si trovano nella condizione di aver bisogno di aiuto, per esempio di una casa o di risorse per vivere.
In conclusionevorrei sottolineare che è indispensabile di creare il Piano di integrazione della Città per mettere in atto politiche sull’immigrazione, che è una parte integrante della comunità cittadina, e che preveda un vero e reale Piano di incontro, scambio e conoscenza tra i vari attori della città.
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