Terenzio Tocci, martire per l’Albania e la libertà
Si dice di questi tempi, e talvolta a ragione, che i figli non hanno più stima per i genitori. Ma questa biografia, “Terenzio Tocci, mio padre”, appassionata e soprattutto sincera, anche nella puntigliosa ricerca storica, è un vero balsamo per tutti i padri e le madri che sono veramente tali, ed è uno specchio limpido per consigliarsi su come si può vivere da eroe senza squilli di trombe, determinandosi nella scelta, legandosi allo scopo, insomma, da patriota, amare la propria nazione e la giustizia. Terenzio Tocci è stato un vero alfiere dell’idea, realizzata, di libertà per l’Albania, piccolo ed incantevole Stato ad un braccio di mare dal sud Italia. È la terra delle aquile, maestose sulle loro fascinose ed aspre montagne, è la terra del fluire di due bracci di Mediterraneo: lo Jonio e la parte finale dell’Adriatico. Nel Paese delle Aquile, come le aquile sono guardinghi, guerrieri, ostinati i suoi abitanti, che mantengono le caratteristiche della loro terra anche se ospiti in uno Stato diverso, ma sempre tenendo fede alla loro religione, partecipando alle feste in costume, curando le tradizioni.
Tutto ciò è lo sfondo di una biografia insolita e storicamente ricchissima di notizie e di scienza della politica di Rita Tocci, è uno studio su un periodo storico affannoso e controverso che un piccolo lembo di terra ha egregiamente o negativamente vissuto, scrollandosi di dosso l’oppressione turca. È il monumento cartaceo che una figlia scolpisce ad un padre ammirevole, capace di destreggiarsi come un bravo timoniere nel cuore delle tempeste delle guerre scoppiate lo scorso secolo. È anche la rivelazione di quanto potesse essere accorta la politica durante il Fascismo, al fianco dell’Albania finché poteva e fiduciosa dell’abilità di Tocci, nel volersi costituire protettrice di una Nazione non ricca e contesa. Proprio per questa ragione purtroppo, l’impegno non ha avuto buon esito. “Terenzio Tocci, mio padre”, un libro da leggere a poco a poco per il grande bagaglio di notizie, di date, di nomi, che forse avrebbe richiesto una mucillagine di distensione in più nella stesura per assorbire meglio l’ubertoso apporto storico che lo distingue, un libro che ha anche il valore di rivelare la grandezza di un uomo politico e l’abilità di un cosiddetto regime, il Fascismo, che a torto si cerca di emarginare, per ripetere come registratori espressioni che possono solo far piacere a chi vuole annientare l’Italia, evidenziandone solo i prevedibili errori.
Per quattrocento anni, una delle più lunghe guerre della storia, i turchi ottomani invasero i balcani e il Tocci, già avviato alla carriera avvocatizia, sentì forte la spinta di interveniere, con l'impulso dei mazziniani, dei fuoriusciti e soprattutto della flotta organizzata da Ricciotti Garibaldi, fermata poi sul nascere dal governo italiano nelle acque dell'Adriatico.
Tocci radunò i capi della montagna e proclamò per primo l'Albania Indipendente: era il 1911. Nessuno lo tradì, nonostante una forte taglia sulla sua testa posta dai turchi. Fino ad allora mai nessuno aveva pensato che un signore che veniva dall'Italia e pure sapeva l'Albanese avrebbe osato ed ottenuto tanto. In seguito, esiliato e perseguitato in Italia dalla Monarchia, contribuì alla palingenesi del Paese delle Aquile anche grazie alla stima reciproca con Zog (presidente e poi re): sostituì la legge tribale del taglione con i codici civile e penale d'ispirazione nostrana, raggiunse alti gradi politici, amministrativi, governativi, fu il legale più conosciuto fuori dei confini. In nome della inveterata e per lui insostituibile alleanza con l'Italia di natura strategica e tecnico-commerciale, applaudì all'unione della Corona e fu nominato presidente della Camera. Alla fine della sconda guerra mondiale, nel giorno dell'esodo delle truppe tedesche, fu prelevato dai partigiani e trasferito nelle prifgioni di stato; dopo un processo-farsa che aveva i serbi dietro le quinte, fu condannato a morte mediante fucilazione. La sua villa fu occupata da quei “giudici” semianalfabeti e metà della sua famiglia riuscì miracolosamente a riparare in Italia. Dopo 70 anni s'apre uno squarcio sul velo impermeabile della storia riguardo i criminidi un regime totalitario quasi cinquantennale, retto da uno dei più feroci e longevi delinquenti d'Europa, Enver Hoxhja.
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