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"Tinto Brass: uno sguardo libero".
Dal 24 febbraio al 23 marzo, al Complesso del Vittoriano la mostra che presenta gli aspetti meno noti di Tinto Brass.
Prima foto: di Gianluigi Barbieri
Seconda foto: di scena tratta dal film Fallo
L'evento, organizzato da Comunicare Organizzando e curato da Caterina Varzi e Andrea De Stefano, con il patrocinio di Roma Capitale e la collaborazione di Istituto Luce-Cinecittà, Rai Teche e Acea, ripercorre la carriera di Tinto Brass il re italiano del cinema erotico. Suggellate la sua dedizione al montaggio il suo impegno teatrale, il particolare rapporto professionale e d'amicizia con i grandi del cinema italiano e internazionale.
Il maestro Tinto Brass, è stato l'assistente di maestri del cinema del calibro di Roberto Rossellini e Joris Ivens, ed esordì nella regia con il lungometraggio In capo al mondo (1963), apologo sul disagio giovanile, del quale curò anche la sceneggiatura e il montaggio. Con una sorta di "anarchismo umoristico" il film narrava i disagi di un giovane che stenta ad integrarsi nella società, ma questa insofferenza verso il potere e le sue istituzioni non venne apprezzata dai censori dell'epoca, che gli imposero di rigirare la pellicola da capo. Per tutta risposta Brass le cambiò solo il nome (Chi lavora è perduto), rendendo ancora più esplicito il messaggio politico-sociale.
Dopo essere stato coinvolto, con alterni risultati, in alcune produzioni di carattere commerciale (nel 1964 la fiaba "fantascientifica" Il disco volante e il film collettivo La mia signora, del quale firma due episodi accanto a Luigi Comencini e al suo estimatore Mauro Bolognini; lo spaghetti-western Yankee del (1966), il regista tornò a moduli espressivi più intimi con i successivi Col cuore in gola (1967), L'urlo (1968), Nerosubianco (1969) (nella cui locandina, scrivendo in stampatello le lettere dalla seconda alla quinta, creava un emblematico gioco di parole: nEROSubianco), Dropout (1970) e La vacanza (1971), ultimo film brassiano in cui l'erotismo non la fa da padrone. Inoltre Brass racconta cheNerosubianco piacque molto in America tanto che la Paramount decise di affidargli la regia dell'adattamento cinematografico di Arancia meccanica; tuttavia Brass voleva prima finire L'urlo e perse così l'incarico.
Il sesso ed il suo particolare rapporto col potere e col denaro diventa tema centrale di Salon Kitty (1975), film impregnato di atmosfere che ricordano quelle di Luchino Visconti e Liliana Cavani, e della ricostruzione storica Caligola (1979), che ebbe una produzione molto travagliata a causa dei contrasti tra il regista e la produzione che portarono all'estromissione di Brass dal montaggio. La propensione per il grottesco contraddistingue Action (1979), beffarda ed autobiografica riflessione sul rapporto che lega arte e pornografia.
Deciso ad abbandonare il cinema "serio" (o "serioso", come dice lui) per dedicarsi al cinema erotico, nel 1983 Brass girò La chiave (con Stefania Sandrelli, tratto dal romanzo omonimo dello scrittore giapponese Tanizaki Jun'ichirō), spostandosi poi gradatamente verso una trattazione sempre più disinvolta dei tabù dell'erotismo. Questa pellicola, che ebbe un buon successo di pubblico e di critica, fece entrare Tinto Brass nell'olimpo di tale genere cinematografico, rendendo però molto controversa la sua figura specialmente tra le femministe che gli rimproveravano una certa considerazione della donna come oggetto e le classi sociali più tradizionaliste. Puntualmente accompagnati da un alone di scandalo escono infatti Miranda 1985, con Serena Grandi, rivisitazione de La locandiera di Goldoni, e Capriccio 1987, con Francesca Dellera.
Nel 1988 Brass dirige Snack Bar Budapest, tratto dall'omonimo romanzo di Marco Lodoli e Silvia Bre) prendendosi così una pausa dal genere erotico. Il film, un noir visionario, ottiene buone critiche ma scarso riscontro commerciale.
Il ritorno all'erotismo più esplicito e godereccio avviene con Paprika (1991), che lancia Debora Caprioglio, e Così fan tutte nel 1992, con l'esordiente Claudia Koll. Le piccanti discussioni e le roventi polemiche che i suoi lungometraggi suscitano contribuiranno a rendere famose le sue attrici protagoniste.
Più recentemente però la ripetitività di schemi e situazioni pare aver progressivamente affievolito l'interesse e la curiosità che il pubblico aveva nei confronti delle sue opere successive: L'uomo che guarda (1994, liberamente tratto da un romanzo di Alberto Moravia), forse il suo film più crudo; l'autobiografica commedia erotica Fermo posta Tinto Brass (1995, in cui era anche attore), Monella (1998), Tra(sgre)dire (2000) e Senso '45 (2002, con Anna Galiena), rilettura in chiave erotica, ambientata a Venezia nel 1945, del racconto di Camillo Boito Senso, dal quale Luchino Visconti aveva tratto nel 1954 l'omonimo film.
A 70 anni gira Fallo! (2003, con Sarah Cosmi, Raffaella Ponzo , Federica Tommasi e l'attrice ucraina Lyudmyla Derkach), film a episodi d'ispirazione boccaccesca che in quanto a trama non si differenzia molto dagli altri, mentre il successivo Monamour del 2005 - con protagoniste l'attrice russa Anna Jimskaya e l'attrice bosniaca Nela Lucic - esce l'anno successivo.
Nel 2009 Tinto Brass presenta in anteprima alla Villa Pamphili di Roma la sua rivisitazione teatrale del Don Giovanni, ambientata nella Venezia nel 1930; inoltre, in occasione di una retrospettiva a lui dedicata, porta alla Mostra del Cinema di Venezia Hotel Courbet, un cortometraggio di 18 minuti in omaggio sin dal titolo al pittore Gustave Courbet che doveva far parte di una serie televisiva destinata a Sky, Il favoloso mondo di Tinto Brass: protagonista è l'attrice Caterina Varzi, che doveva già esserlo del più volte annunciato Ziva, l'isola che non c'è. Un esperimento simile c'era già stato dieci anni prima, quando Tinto Brass supervisionò 12 cortometraggi per la serie Cortocircuiti erotici, che avevano visto tra le protagoniste Silvia Rossi, Francesca Nunzi, Yulia Mayarchuk, Raffaella Ponzo,Loredana Cannata, Deborah Calì e Fiorella Ceccacci Rubino.
(La Redazione)
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